L’attuale momento di crisi, che è in gran parte crisi spirituale, ci pone molti interrogativi sul nostro ruolo di cittadini. In particolare ci pone domande sul nostro impegno sociale e politico, e alcune figure del passato, come Giorgio La Pira,  sono  ombra di dubbio un modello da seguire. Oggi cosa avrebbe fatto La Pira?  Cosa avrebbe detto ? In questi termini la questione risulta mal posta,  infatti, la questione non sta tanto nel chiederci cosa avrebbe fatto il Professore, piuttosto sta nel domandarci come ci poniamo noi oggi difronte all’attuale crisi di valori, e la questione è ancora più incalzante per i cristiani, per i cattolici. Io pongo la questione in questi termini: i nostri valori sono gli stessi che guidarono la sua riflessione, la sua azione politica volta ad edificare una Gerusalemme terrena specchio delle Gerusalemme celeste?

A proposito del tema scelto dagli organizzatori, Una comunità che condivide per riscoprire l’anima della città, quest’ultimo ci pone di fronte ad una particolare questione: Quale anima, o se preferite, quale identità deve avere una città? Quale identità deve avere una città per Giorgio La Pira?

Per il Professore la città è innanzitutto una casa comune, la casa comune. Il sindaco La Pira affidò la costruzione della “sua” casa comune, Firenze, all’architetto Edoardo Detti, assessore all’urbanistica nella prima Giunta di centro-sinistra. Detti promosse la redazione del Piano regolatore generale e di nuova legge urbanistica che prevedevano l’inquadramento intercomunale,  la definizione planivolumetrica delle aree di nuova espansione e un ampio ricorso ai Piani di edilizia economica popolare. La città fu dotata di numerosi servizi pubblici e di una  normativa per il centro storico.

Alla base del progetto di ricostruzione della città c’era un modello di città ideale, laboratorio di una nuova politica di pace, di una politica al servizio della speranza.

In relazione alla sua idea di città, richiamo un’espressione a lui cara:  la Germinazione fiorentina. Questa espressione stava ad indicare, tra l’altro, l’attuazione del sogno di far dialogare e operare tra loro persone la cui azione era ispirata da diverse ideologie laiche e la parte più sensibile del clero fiorentino. Tra gli interpreti di quella stagione, il cardinale di Firenze Elia dalla Costa;  lo stesso La Pira,  il sindaco della politica al servizio della speranza; don Lorenzo Milani che intendeva la cultura, l’educazione in genere come elementi fondamentali per la libertà; don Giulio Facibeni, fondatore dell’Opera Madonnina del Grappa, per il quale l’attenzione all’altro, alla persona, era uno stile di vita; Ernesto Balducci,  che insieme ad  altri fu il promotore e l’interprete di una lettura attualizzata del Vangelo. 

Uomini che per rimanere fedeli ai propri ideali e porre in atto i loro ideali non si fermavano davanti a nessun ostacolo ed erano disposti ad andare oltre regolamenti o leggi, uomini che fondavano il loro operare su una carità civile e/o religiosa,  persone che misero i propri ideali a servizio della città, quella stessa città che per La Pira è una casa comune “…in cui tutti gli elementi che la compongono sono organicamente collegati; …la Cattedrale, la scuolal’ospedale... Tutto fa parte di questa casa comune. Vi è dunque una pasta unicaun lievito unicouna responsabilità unica che è collegata ai comuni doveri“. Il compito di chi ha responsabilità nell’amministrazione della città, di chi contribuisce a qualsiasi titolo alla crescita culturale, economica della stessa, come affermava La Pira è “pensare, è essenzialmente quello di meditare: se non meditiamo siamo soltanto dei direttori generali”.

Poniamoci alcune domande: Oggi gli elementi della casa comune sono in armonia tra di loro? Chi guida il popolo pensa e lo aiuta a pensare? Medita? Meditare, o meglio contemplare, e poi agire era lo stile di La Pira sindaco… che visse questo ruolo, come una missione. La Pira si definiva  Sindaco Missionario del Signore nel mondo. Il Professore viveva il suo impegno nella città e per la città come un apostolo laico. Scrive egli stesso: “Essere apostolo nel mondo senza essere del mondo e senza essere riconosciuti dal mondo: …è esternamente, in tutto identico ad un altro uomo della sua condizione: la differenziazione è tutta interiore, perché quest’uomo che è esternamente come gli altri porta di dentro, nell’intimità del suo animola lampada dell’amore divino. Il fine di questa vocazione è chiaro: essere, nel contesto sociale che Dio assegna, lievito cristiano per le anime; ed esservi per questo solo fine ed in quanto si attui questo fine”.

 Sottolineo, ancora una volta, che per La Pira la città è la casa comune, non è un insieme di costruzioni vuote, ma un insieme di case abitate, vissute,  da uomini,  donne, da persone,  ed è nella città che La Pira identifica il centro dell’azione politica, azione rivolta alla persona, al bene comune non al servizio degli interessi particolari. Oggi è necessario ritrovare – a partire dalle nostre città – la comune chiamata vivere come grande e variegata famiglia umana che per i credenti in Gesù Cristo è un preciso dovere. Ma oggi sembra prevalere l’egoismo, l’individualismo di chi vorrebbe chiudere le nostre città. Su un articolo pubblicato  sull’Osservatore Romano nel dicembre del 1939,  durante il regime fascista, Giorgio La Pira, delineò i fondamenti di una futura convivenza civile,  i principi della morale sociale. Per il Professore il primo principio consiste in questo: gli uomini sono tutti fratelli perché creati dall’unico Dio e tutti redenti dall’unico Salvatore (…). Se una dottrina intacca questa base del vangelo è anticristiana; va respinta come antiumana; è cattiva … 

Anche noi oggi seguiamo quelle “dottrine” i cui principi ispiratori contrastano con il principio secondo cui gli uomini sono tutti fratelli? Sembra che alcuni cristiani oggi abbiano rinunciato ad edificare il modello di  casa comune che si ispira al primo dei principi della morale sociale.

Stiamo forse rinunciando ad essere gli artefici di quell’umanesimo che La Pira definiva integrale ed universale illuminato da verità eterne?