Spes contra Spem 2015: contributi di Carlo Parenti, Salvatore Xibilia e Alessandra De Paola

Intervento di Carlo Parenti

Una visione “olistica” della personalità di la Pira

Faccio in primo luogo riferimento alla metafora lapiriana delle tre pietre (profetica, metafisica, giuridica) che devono essere a fondamento dell’unità delle città e delle nazioni.  A mio giudizio essa ci dà l’opportunità di sottolineare come in La Pira tutto sia interconnesso – l’una pietra sorregge l’altra – e di come la sua personalità vada considerata olisticamente. Il termine olistico fa  riferimento alla parola greca Olos (tutto, intero, totale) e vuole rappresentare la tesi che “il tutto  vale più della somma delle singole parti”.

La personalità di La Pira è  incredibilmente poliedrica e complessa in quanto vi si trovano  radici bibliche – collegate a  riflessioni  sul tomismo  e sul personalismo di Maritain e Mounier  – sempre connesse  a considerazioni   storiche, politiche, economiche, giuridiche, scientifiche, psicologiche, urbanistiche, ecc. Significativo è quanto osserva lo storico dell’economia Piero Roggi che qui provo a sintetizzare. Il pensiero di La Pira è a strati plurimi. Difficile è l’impresa di quegli storici (definibili  appunto come olisti) che cercano di abbracciarlo per intero. Più semplice il compito degli specialisti che isolano un solo aspetto dell’esperienza lapiriana.

Anche Nicola Pistelli, suo assessore e padre di Lapo Pistelli – già  viceministro degli esteri del primo governo Renzi e oggi  vicepresidente senior di Eni – così si espresse nel 1955: “la storia di La Pira è una storia impossibile a raccontarsi per intero, tanto la cronaca risulterebbe arida a confronto con la realtà”. E mi accorgo che sia leggendo i tanti lavori usciti, sia provando io a scrivere del Professore (sto completando in questi giorni un volume sul suo rapporto con i giovani), resta sempre l’insoddisfazione di non comprenderlo o descriverlo nella sua interezza. E’ come se si dipingesse soltanto un quadro e non si scolpisse una scultura attorno a cui girare per vedere da più angoli la figura completa.

Tornando a padre Cortesi vorrei aggiungere una mia considerazione sulle caratteristiche degli incontri personali  (che Cortesi ci dice facilitati e da leggere sul terreno della “comune povertà”) del Professore. Ho assistito infatti  a tanti incontri che La Pira ha avuto, specie con gli studenti. Posso testimoniare che  questi erano sempre “originali” anche nell’apparente identità dei contenuti. Tant’è che di Giorgio La Pira ciascuno può dire di avere il proprio ricordo personale, perché il Professore nel trattare con le persone aveva il dono di essere sempre diverso, sempre molteplice nei modi e nelle parole, beninteso  nell’unità e nell’identità del suo agire. Sulla soltanto apparente identità di come egli trattava (necessariamente) un tema mi viene in mente quanto scrive Ignazio Silone in “Avventura di un povero cristiano”: “…nel medioevo vi erano dei monaci che trascorrevano l’esistenza a dipingere il Volto Santo, sempre il medesimo volto, che in realtà poi non era mai del tutto identico”.

Questo a mio parere si deve al fatto del rispetto che La Pira aveva in generale della libertà di ogni singola persona, perché creatura fatta da Dio a Sua immagine e somiglianza; conseguentemente come persona ciascuno era interlocutore degno di attenzione e meritava spiegazioni e sollecitazioni capaci di provocarne la libera crescita; infine nessuno, in quanto persona, poteva essere coartato nelle idee, ma doveva essere trattato come soggetto sovrano.

In altre parole i suoi rapporti personali  si possono considerare “animati” da questo Suo riconoscimento della dignità ontologica delle singole persone, che filosoficamente e teologicamente fondava sul tomismo e sul personalismo neo tomista di Maritain e Mounier.

– Il diritto romano come  paradigma per interpretare la storia e come strumento di profezia.

L’intervento del professor Ferretti su La Pira docente di diritto romano mi dà il destro per ricordare una mia singolarissima esperienza personale che rivela come il Professore si servisse appunto di quel diritto come paradigma per interpretare la storia e come strumento di profezia. Valga dunque dire quanto è capitato col mio esame di diritto romano. Ricordo che esso verté sul come Mao Tse-tung avrebbe realizzato  un codice civile. Infatti mi chiese. “Se tu fossi Mao Tse-tung, come costruiresti un codice civile per la  Cina?”

Oggi la domanda può sembrare di poco interesse, ma allora eravamo nel luglio del 1972! E il Presidente cinese era nel pieno del potere di una durissima dittatura comunista e la sua morte sarebbe avvenuta nel settembre 1976.  Quindi porsi il problema di riconoscere diritti privatistici in Cina poteva apparire certamente fuori dal mondo ed essere solo un esercizio teorico. Avendo assistito alle lezioni del Professore comunque mi fu facile rispondere citando il giurista romano Gaio, autore tra il 168 e il 180 di un importantissima opera didattica in quattro libri: Le Istituzioni. La loro importanza per noi è costituita dal fatto di essere l’unica opera della giurisprudenza romana classica ad essere pervenuta fino ai nostri giorni direttamente, senza il tramite di compilazioni che ne abbiano potuto alterare il significato.

Gaio articolò in tre parti la propria opera: personae (primo commentario) res (secondo e terzo commentario) e actiones (quarto commentario). Per res si intendono i rapporti patrimoniali, compresi quelli di natura relativa, come le obligationes. Sempre nella parte dedicata alle res si parla anche delle successioni. Nella parte dedicata alle actiones Gaio si occupa del processo.

Risposi quindi con l’espressione, ripresa da Gaio, che La Pira spesso amava ripetere proprio per abituarci a ragionare per pochissimi principi:  omne jus quo utimur, vel ad personas, vel ad res, vel ad actiones pertinet  (Ogni diritto che usiamo si riferisce o alle persone o alle cose o alle regole processuali). Quindi dissi che avrei fatto la prima parte del nuovo codice civile cinese sui diritti della persone, la seconda sui diritti reali, la terza sul processo. Aggiunsi solo poche spiegazioni, cioè quelle sopra appena riportate sull’opera di Gaio. L’esame era appena cominciato e quella fu la prima domanda. Pertanto rimasi sorpreso quando il Professore, dopo aver commentato qualcosa sulle  linee maestre che il diritto romano indica ai costruttori sociali per piegare alla giustizia gli accadimenti civili, esclamo contento: “Bravo! 30 e lode!”.

Ma non fui l’unico a sorprendermi. Ricordo che il suo assistente (quel Fabrizio Fabbrini che fu tra i primi obiettori di coscienza in Italia) quel giorno era malato e pertanto un assistente di altra cattedra – quella di storia del diritto romano – mi interrogò  a sua volta con molte domande dalle problematiche molto tecniche. Mi pare che “l’interrogatorio” durò non meno di 15/20 minuti. Alla fine l’assistente “supplente” disse: “Professor La Pira, va bene, il candidato merita la lode”. Al che il Professore rispose. “Ma non lo avevi capito subito che aveva studiato e avevo compreso anche i principi?”

Ma la storia non finisce qui. Una sera, mi pare del 1999 , sul finire della mia giornata lavorativa da legale in una multinazionale con sede italiana a Milano, finalmente riuscii a leggere un giornale che si usa per lavoro: Il Sole 24 Ore.  In prima pagina vi lessi che in Cina era stato varato un primo nucleo di norme civilistiche (una sorta di primo abbozzo di un futuro codice civile) con la collaborazione di giuristi europei e che la base per tale normativa era il diritto romano e che in particolare si era lavorato sulla base dei testi di un giurista dell’antica Roma: Gaio !!! Mi vennero le lacrime agli occhi.

Ancora oggi in Cina si sta lavorando ad un testo di vero e proprio codice civile e per questo si fa ricorso alla giurisprudenza romana, e ai suoi principi, che viene considerata un patrimonio dell’umanità. Il Professore aveva visto giusto!! Inoltre è stato tradotto in cinese il Digesto, realizzato anche sul modello delle Istituzioni di Gaio per incarico dell’imperatore Giustiniano e promulgato nel 533.

Inoltre come ci testimonia qui il prof. avv. Giulio Conticelli, Vice Presidente della Fondazione La Pira, sono in corso di traduzione le dispense universitarie del Professore che dovrebbero essere  adottate in una università Cinese, mi pare a Pechino, come testo base per le istituzioni di diritto romano.

Aggiungo che in un recentissimo convegno su La Pira romanista il Presidente Emerito della Corte Costituzionale, Francesco Paolo Casavola,  ha sottolineato proprio il fatto di come il Professore fosse capace di interpretare la storia e addirittura anticiparla attraverso le categorie del  diritto romano ed ha citato ad esempio proprio come oggi tale diritto sia quello vigente nella grande nazione. Ha pure ricordato come  incontrando un autorevolissimo esponente cinese costui gli abbia detto: “Noi vogliamo essere i romani d’oggi!” ( si noti il plurale…).

– La Pira e Papa Francesco: una comune speranza 

Vorrei fare un abbozzo di riflessione sull’attualità del pensiero “lapiriano” che trova secondo me riscontro, nella radice delle Scritture, in molte delle parole e dei gesti di Papa Francesco. Papa che a mio giudizio rappresenta un dono confermativo della profezia di La Pira. Il Professore ci  narrò di un suo incontro in Vaticano con un importantissimo cardinale che prima lo rimproverò perché  correva troppo – “Lei è almeno 30 anni avanti” – ma poi lo rassicurò: “Vada avanti Professore, Noi la seguiremo”. Sono molti i punti di identità tra queste due grandi figure.

Si pensi ad esempio alla critica agli armamenti a partire dal pensiero di Isaia, alla difesa del valore della persona umana, alla difesa della “povera gente” e del lavoro e della casa, alla missione delle città, al dovere di salvaguardia del Creato affidato in custodia alla genti per trasmetterlo alle generazioni future (ed anche – per quanto riduttivo – alle identiche critiche anche feroci rivolte loro: “comunista”, ecc).

Vorrei qui soffermarmi sul pensiero di La Pira come operatore di pace e alla Sua instancabile azione per l’unità della famiglia di Abramo, di Isacco, di Giacobbe e per la pace nel Mediterraneo – grande lago di Tiberiade – e nel mondo. A questo proposito un pensiero fisso di La Pira era declinato con la semplice espressione “costruire ponti non muri”. L’immagine dei muri da abbattere e dei ponti da costruire ha accompagnato spesso le riflessioni di coloro che hanno a cuore la pace. Mi ha colpito che ben 2 papi sono sintonizzati (naturalmente, in quanto è il messaggio del Vangelo) su questa visione teleologica, cioè dei fini.

Il 20 novembre 2003 il beato Giovanni Paolo II ebbe a dire che “non di muri, ma di ponti ha bisogno la Terra Santa”, parole ancora oggi inascoltate non solo in Terra Santa, ma anche in tutti i focolai di guerra ancora accesi, e perfino nelle nostre città, dove riaffiora sempre la tentazione di affidare a un muro la propria sicurezza e quelle dei propri cari.

Più recentemente nel giugno 2014 Papa Francesco ha compiuto un gesto di grande significato: l’incontro tra lo stesso  Francesco e i presidenti israeliano e palestinese, Shimon Peres e Mahmoud Abbas, per invocare la pace in Terra Santa. Sottolinea la visione lapiriana che illumina tale iniziativa del Vescovo di Roma quanto ha scritto sull’Osservatore Romano il 7 giugno 2014 – alla vigilia dell’incontro citato – Gualtiero Bassetti, poco dopo nominato cardinale e poi anche eletto a grande maggioranza vicepresidente CEI dai vescovi italiani: oggi “riacquistano un grande significato le parole con cui Giorgio La Pira, nel tentativo di delineare il suo sforzo incessante per il disarmo e la pace, si rivolse a Paolo VI nel febbraio del 1970: è venuto il momento – scriveva il sindaco di Firenze – di abbattere i muri e di costruire ponti. È giunto il momento, cioè, di superare qualunque divisione e ogni contrasto fratricida per edificare solidi legami di pace e di unità.

(…) Parole che rilette oggi assumono una nuova attualità e sembrano valorizzare l’idea lapiriana di una «Chiesa come centro di gravità delle Nazioni». Chiesa che non si limita a parlare ma agisce e compie gesti concreti, nel modo che più le è proprio: attraverso la preghiera. Con quel linguaggio, il solo a poter compiere miracoli, che entra nel profondo dei cuori degli esseri umani e sradica i motivi di odio e di vendetta. L’odio e la vendetta, infatti, non portano mai frutto, ma generano solo altri rancori e desideri di rivalsa in un crescendo di dispute, ostilità e terrore. La preghiera, invece, rappresenta un momento di ineguagliabile significato spirituale con cui chiedere l’intercessione divina, ma anche un metodo di dialogo dall’insuperato valore civile.

Ciò che scaturisce dall’incontro in Vaticano – e dalla visita del Papa in Terra santa – è dunque un segnale fortissimo che si allarga all’intera famiglia umana, soprattutto ai Paesi teatro di sanguinosi conflitti, come la Siria e l’Ucraina. Ma non solo. Questo incontro tra persone di fedi diverse, assume un evidente significato di concordia e di armonia anche per tutti quei popoli, come ad esempio quello italiano, che sono troppo spesso caratterizzati da un inveterato spirito di fazione e da un’atavica tendenza a dividersi.

(…) «Ogni crisi» – scriveva La Pira – «prima di essere politica o economica è, diciamo così, metafisica e religiosa» e «concerne la destinazione ultima dell’uomo».

Al centro di tutto e alla luce del mistero dell’incarnazione risiede, infatti, il riconoscimento del valore di ogni persona umana. Mettere al centro il valore della persona significa infatti riconoscere il suo volto, capire i suoi bisogni, vedere le sue ferite, favorire le sue aspirazioni e far rispettare i suoi doveri nei confronti della collettività. A partire dalla pace, che non è certo una vaga aspirazione ideale, ma un obiettivo reale per il bene dell’umanità”.

Intervento di Salvatore Xibilia, presidente dell’Associazione culturale “G.La Pira” di Siracusa

Caro Presidente, cari tutti voi presenti in questo importantissimo evento organizzato magistralmente dalla nostra Fondazione, innanzitutto, desidero rivolgere un affettuoso saluto e un grazie per l’invito, sia a titolo personale che dei componenti il gruppo dirigente dell’Associazione culturale “G. La Pira” di Siracusa, già operante dal 2006, ovvero: mons. Greco (Direttore Biblioteca “Alagoniana” c/o Arcivescovado di Siracusa), dr. Latina (Tesoriere) e dr. Elia (Vicepresidente).

Purtroppo, anche se un recente lutto familiare mi impedisce di vivere e condividere con voi questo momento di gioia, tuttavia, mi preme, a nome dell’Associazione che rappresento, far percepire la nostra presenza e non soltanto con l’invio di un caro saluto, piuttosto, confermando il nostro “ci siamo” e, all’interno di questo bellissimo Progetto, vogliamo continuare ad esserci.

Com’è stato la prima volta, sono convinto che, anche in questo secondo appuntamento, grazie al contributo culturale offerto dai magnifici amici Relatori e al complementare apporto “esperienziale” fornito dal crescente associazionismo presente sul territorio, testimone forte e concreto di un La Pira quanto mai attuale, sarà possibile coniugare arricchimento e carica davvero particolari.

E così, il potersi, ancora una volta, confrontare per una sintesi comune, anche su temi complessi e difficili come ad esempio, la necessità, oltre che l’urgenza, di arginare i crescenti flussi migratori dove, a tal proposito, la Regione Sicilia è tra quelle più interessate, o contribuire a promuovere soluzioni pacifiche in riferimento ai recenti conflitti bellici tra popoli animati prevalentemente da sentimenti di odio apparentemente spontanei e incontrollati ancor prima che ideologici, fino a giungere alla consapevole responsabilità di essere, oggi, cattolico nel mondo e per il mondo, etc. etc., consente, inevitabilmente, di rafforzare, sempre di più, l’intesa fra il Coordinamento, la Fondazione, e l’Operatività, le Associazioni che ad essa si ispirano.

Credo che ciascuno di noi, ognuno nel proprio ambito, ovviamente, in questi anni abbia lavorato bene e con sacrificio, contribuendo, sensibilmente, non solo alla diffusione del Verbo del Professore, ma, allo stesso tempo, alla crescita di una già grande Famiglia, grazie a quell’onestà intellettuale e fede cristiana che ci accomuna e ci caratterizza.

Tanto e tanto altro ancora vorrei aggiungere, però, non mi sembra corretto né utile, sottrarre ingiustamente altro tempo al Convegno, pertanto, concludo, rinnovando a tutti Voi i più cordiali saluti da parte di tutta l’Associazione culturale “G. La Pira” di Siracusa, un arrivederci e un sincero augurio di buon lavoro.

Intervento di Alessandra De Paola, Assessore al Turismo del Comune di Montecatini Terme 

Mi ha sempre colpito molto il concetto keynesiano di “interventismo” economico di La Pira nel tessuto industriale e commerciale di Firenze, e in senso lato di tutta Italia, attraverso le azioni eclatanti che lo hanno contraddistinto in questo senso.

Ricordo anche che leggendo il carteggio tra lui e Costa a volte davo ragione a La Pira, a volte dentro di me davo ragione a Costa, perché chi vive a contatto con il mondo degli affari non può che essere combattuto, nella scelta di servire Cristo o “mammona”, come diceva il mio vecchio frate.

Adesso sono un amministratore, seppure limitatamente ad una cittadina di provincia, e mi rendo conto che gli strumenti a disposizione degli amministratori locali non vanno affatto nella direzione di La Pira, quanto in quella di Costa; faccio un esempio specifico: una amministrazione pubblica non può dare denari ad un seppur validissimo progetto dove insista lo scopo di lucro. Solo dove non c’è lo scopo di lucro il comune può elargire contributi.

Come se il lucro, il guadagno fosse mala abitudine; come se il creare lavoro e reddito fosse sbagliato. Essendosi di fatto ARRESI all’incapacità di eliminare la corruzione. Allora si elimina il guadagno, si eliminano le opportunità.

Mi domando, se adesso lo chiamiamo Sindaco Santo, se la sua concezione di amministrazione che ammiriamo, anzi, studiamo approfonditamente, era quella, perché mai ogni generazione di amministratore a lui successivo, seppure da lui stesso formato ha ignorato questo aspetto, ed ha contribuito a creare una amministrazione che di fatto imbriglia l’azione?

La nostra legislazione dà per scontata la corruzione e la volontà di fregare, non sottende la buona fede; prevede ancore di salvataggio per i ceti più poveri, non parte dalla loro emancipazione; le amministrazioni tamponano, giammai sindacati ed amministrazioni entrano nel merito di piani industriali di salvataggio, ma meramente attendono e severamente condannano.

Se vi batteva così forte il cuore, perché ci avete consegnato un faldone di leggi di ispirazione diametralmente opposta?

Verosimilmente, quali possibilità avrebbe mai La Pira di dirompere con il suo messaggio, senza andare fuori legge? Un vero e proprio ossimoro, questo sull’immigrazione, dopo l’intervento della professoressa, davvero commovente e illuminante sulla Repubblica di San Procolo in cui ci ha raccontato con quale costanza e amore venisse aiutata “la povera gente, invisibile, senza un luogo dove dormire”, alla quale prima di tutto veniva dato il pane dell’eucarestia, nel quale trovavano il primo e più importante conforto, e poi anche il pane per sfamare se stessi e le loro famiglie.

Si può dire che i poveri di oggi siano di diversa natura, e che l’aiutarli sia di fatto molto meno “romantico”: spesso e volentieri non ci capiscono, non hanno un grado di educazione o cultura tale da consentire loro il sentimento della gratitudine, non condividono radici con chi li accoglie, e soprattutto il pane dell’eucarestia non lo vogliono, perché non è la loro religione.

Allora quale pane dare a questa gente, ai migranti, agli immigrati clandestini, a quelle persone socialmente ruvide e indigeribili, che la società non assorbe e rigetta con violenza spesso?

E perché in tanti anni non siamo ancora riusciti a sanare l’eterna lotta tra accoglienza ed evangelizzazione?

Lo stato vieta di accogliere evangelizzando, a malapena consente di accogliere; la nostre fede vieta di ignorare le richieste di aiuto, e ci impone in un certo senso di evangelizzare, con l’esempio e con la parola.

Quale è la nostra San Procolo di oggi?