“L’istruzione e la formazione sono le armi più potenti

 che si possono utilizzare per cambiare il mondo” (Nelson Mandela)

Durante quest’anno l’Opera, con la collaborazione della Fondazione La Pira, ha iniziato con alcuni giovani un percorso di formazione e approfondimento sulla politica. Nel testo che segue ne illustriamo le motivazioni e le modalità di svolgimento.

Lo scenario politico e sociale contemporaneo non è certamente rassicurante, ma è proprio in questi momenti che è necessario mettersi di nuovo in gioco: le crisi sono portatrici di cambiamento e occorre raccogliere la sfida per vivere questo tempo. Come giovani impegnati nell’Opera per la Gioventù “Giorgio La Pira”, in numerose occasioni abbiamo avuto modo di riflettere sul nostro essere cittadini in questo tempo, abbiamo incontrato esponenti politici, alcuni di noi hanno anche provato a impegnarsi in prima persona sul territorio e nelle istituzioni, e in ogni caso l’argomento è stato sempre al centro delle nostre discussioni. Lo scorso anno, a seguito di un incontro con Mario Primicerio, presidente della Fondazione La Pira, in cui è emersa la nostra completa sfiducia per i partiti e i politici del nostro tempo, ci siamo convinti che la politica dovrebbe e potrebbe essere ben diversa da quella che abbiamo visto negli ultimi vent’anni.

Nel nostro paese abbiamo un gran bisogno di una politica che si faccia servizio, cura dell’altro e della comunità. Ma la politica può essere veramente cura e servizio? Crediamo che a questo riguardo siano illuminanti le parole che nel 1951 Giorgio La Pira, sindaco di Firenze, pronunciò in consiglio comunale in conseguenza anche alla vicenda del nuovo Pignone disse: “io ve lo dichiaro con fermezza fraterna ma decisa: voi avete nei miei confronti un solo diritto: quello di negarmi la fiducia! Ma non avete il diritto di dirmi: signor sindaco non si interessi alle creature senza lavoro (licenziati o disoccupati), senza casa (sfrattati), senza assistenza (vecchi, malati, bambini, ecc.) E’ il mio dovere fondamentale questo: dovere che non ammette discriminazioni”.  

 

Questo il senso ed il motivo che ci ha spinto a pensare un percorso specifico di formazione al servizio in politica. Questo percorso, che è stato strutturato in forma seminariale, è iniziato nella scorsa primavera con incontri a cadenza mensile.  

La nostra associazione può essere un centro di orientamento per i giovani che come cittadini si domandano cosa possono fare per migliorare il tessuto sociale in cui vivono; tuttavia la paura che abbiamo è di parlare di politica solo in maniera superficiale, senza andare a fondo nello studio dei temi, secondo soltanto la contingenza, le fazioni di partito e opinioni dettate da preconcetti. Riteniamo necessari il rigore e la costanza della formazione, per favorire la comprensione e l’apprendimento di un metodo valido, efficace fondato sullo studio, il dialogo e il confronto.  

 Gli elementi che abbiamo posto alla base del nostro metodo di lavoro sono due: studio personale di testi e successivo confronto sui temi affrontati. L’obiettivo è duplice: da una parte creare un percorso di formazione aperto a diversi contenuti, che possa fornire elementi di riflessione e conoscenza rispetto ad argomenti complessi cui troppo spesso siamo abituati ad avvicinarci con superficialità; dall’altra permettere ad ognuno di esprimersi liberamente e manifestare le proprie idee. I quattro incontri si sono susseguiti da marzo a giugno, sotto l’attenta guida di Mario Primicerio e i giovani impegnati direttamente sono stati circa venti.

 

Per elaborare proposte nuove serve la creatività di una formazione basata sulla riflessione e sul confronto, non sulla omogeneizzazione delle opinioni: per riprendere Plutarco, “la mente non è un vaso da riempire ma un fuoco da accendere”. In un contesto culturale poco luminoso, è necessario trovare buoni compagni di viaggio che con noi comincino a sfregare pietre per accendere il fuoco di un dibattito profondo e fruttuoso. Come cristiani, portare chiarezza, impegno e luce nel mondo è un vero e proprio dovere. Il seminario si innesta quindi come comunità di sostegno e confronto. L’Opera ha, con un percorso del genere, la speranza e l’ambizione di essere un centro di orientamento e discernimento per chi si avvicina a questo impegno ed a questa vocazione. E’ necessario quindi ripartire dalla formazione: mentre dalla politica si fugge perché “tanto è una cosa sporca”, noi guardiamo con la forza della speranza al futuro, e prendiamo la rincorsa, rilanciamo puntando sulla formazione. 

Giulia Fantechi

Giacomo Poggiali

La pace è sempre stato uno dei temi più cari per Giorgio La Pira. Questa sua vocazione è fatta propria dall’Opera attraverso la preghiera, la speranza e l’essere operatore di pace. Tutto questo si concretizza anche attraverso il Campo Internazionale, “esperimento” che cerca di portare semi di pace a persone che vivono in parti del modo in conflitto, dove questa sembra dimenticata.

Cimone, tre giorni di primavera. Il sabato sera siamo tutti in chiesa, in silenzio, davanti al Santissimo. Le parole della Pacem in terris, la prima enciclica diretta a tutti gli uomini di buona volontà, ci accompagnano in questa Adorazione dedicata alla pace: “La Pace in terra, anelito profondo degli esseri umani di tutti i tempi, può venire instaurata e consolidata solo nel pieno rispetto dell’ordine stabilito da Dio” (Pacem in terris §1). L’Adorazione si conclude mostrando una cartina del mondo. Tanti piccoli pezzettini di cartoncino rosso, posti in alcune aree della mappa, ci indicano luoghi dove la pace non c’è, dove la guerra va avanti da anni, spesso nella più grande indifferenza da parte di tutti. Un pezzettino rosso che rappresenta milioni di persone che anelano alla pace, ma che non riescono a raggiungerla. Gli occhi scorrono sul quel rosso che macchia il mondo e mi chiedo cosa posso fare in prima persona perché tutto questo possa cambiare. Come posso portare la pace nel mondo se spesso non riesco a portarla neanche intorno a me, nella mia vita di ogni giorno, alle persone che mi sono vicine?

La risposta alla domanda è suggerita dall’Adorazione stessa: la preghiera. Nella in Pacem in terris c’è una spinta alla preghiera perché la pace possa realizzarsi: “Affinché l’umana società sia uno specchio il più fedele possibile del regno di Dio, è necessario l’aiuto dall’alto.” (§90).  Non a caso Giorgio La Pira, prima di partire per i suoi numerosi viaggi in terre di conflitto, chiedeva alle suore di clausura di accompagnarlo e sostenerlo con la preghiera, convinto che fosse lo strumento più potente per avvicinare le nazioni: “Abbiamo, cioè, oggi come ieri, cercato di costruire un ponte di preghiera e di riflessione storica e politica fra le rive avverse che separano ancor tanto gravemente i popoli fratelli (la famiglia di Abramo!) del Medio Oriente” (da Note di Cultura n. 36, febbraio 1968). Non solo La Pira pregava e chiedeva di pregare per la pace: era lui stesso un operatore di pace, come ha dimostrato durante i suoi viaggi e ogni volta che a Firenze incontrava e riuniva i rappresentanti degli Stati e delle diverse confessioni religiose. In riferimento alle Beatitudini, La Pira sottolineava che Gesù dice “beati gli operatori di pace” (Mt 5, 9) e non semplicemente “coloro che amano la pace”: è semplice amare la pace, molto più difficile è impegnarsi concretamente per promuoverla e realizzarla.

Le domande iniziali su come poter fare qualcosa per la pace trovano poi una risposta pensando a come l’Opera ha raccolto la vocazione indicata dal Professore: il Campo Internazionale. Quei dieci giorni vissuti all’ombra della pineta della Vela, che a volte rischiamo di dare quasi per scontati come si fa con le abitudini o con ciò che ci sembra non abbia grande importanza, sono come un esperimento di pace. Un esperimento che si fa portando un centinaio di persone, di cui la maggior parte sono italiani, insieme a russi, israeliani, palestinesi e africani, in un villaggio sulla costa toscana e consentendo loro di vivere insieme, condividere spazi, tempo, idee ed emozioni. Una condivisione non banale per chi, nella vita di tutti giorni, non ha modo o magari non vuole neanche incontrare chi considera un suo nemico, come succede per gli israeliani e i palestinesi; o chi, pur vivendo nello stesso paese, ha un’origine sociale totalmente diversa, come i giovani russi.

È nella condivisione, nell’incontro che si sperimenta la pace: è naturale, spontanea quando si sta bene insieme, quando si gioca la sera, si ride a tavola o si chiacchiera sulla spiaggia. È pace allo stesso modo, anche se apparentemente non sembra, quando inizia una discussione, quando ci si scontra su visioni opposte, quando nasce un conflitto ma si riesce a superarlo ascoltandosi e con l’aiuto di chi è vicino. Non sempre gli esperimenti riescono. A volte si ha l’impressione che il campo non abbia fatto “vivere” la pace a qualcuno dei partecipanti, che la situazione vissuta ogni giorno porti a guardare cinicamente ogni tentativo di cambiare qualcosa. Davanti ad ogni esperimento (che sembra) fallito non resta che tenersi stretti alla speranza. Alla speranza che i semi di pace gettati al campo, prima o dopo, germoglino, alla speranza che si possa comunque sperimentare la pace in altri modi.

Ogni anno, quando iniziamo questo esperimento, sappiamo che non modificheremo equilibri politici e che non porteremo a firme di trattati. Non è questo il nostro scopo. Essere operatori di pace al Campo Internazionale vuol dire prima di tutto dare la possibilità di riuscire a riconoscere l’altro come persona, una persona come me, con le sue paure e le sue ragioni, spesso diverse e a volte inaspettatamente uguali alle mie. Una persona con un nome e una storia, non un nemico informe senza volto. Vuol dire provare a realizzare la speranza contenuta nella Pacem in terris: “È lecito tuttavia sperare che gli uomini, incontrandosi e negoziando, abbiano a scoprire meglio i vincoli che li legano, provenienti dalla loro comune umanità e abbiano pure a scoprire che una fra le più profonde esigenze della loro comune umanità è che tra essi e tra i rispettivi popoli regni non il timore, ma l’amore: il quale tende ad esprimersi nella collaborazione leale, multiforme, apportatrice di molti beni” (§67).

L’enciclica, rivolgendosi a tutti gli uomini di buona volontà, esprime un invito specifico a tutti quanti, ai laici cristiani per primi, ad impegnarsi per il raggiungimento della pace. Il contributo che ognuno può dare per la pace richiede quindi di pregare, sperare e operare, proprio come l’invocazione della Preghiera per la pace (preghiera che, cantata durante la Messa al Campo Internazionale, dove sulle panche sono seduti vicini Oriente e Occidente, fa venire i brividi). Giorgio La Pira pensava in grande, la sua speranza lo portava a immaginare e ad operare per un futuro di pace tra i popoli che appariva contrario ad ogni evidenza: “Possiamo e dobbiamo dirlo: noi abbiamo trovato in tutti un desiderio sincero e vivo di pace: ciò che divide è soltanto il «muro della diffidenza»; bisogna abbattere questo muro, ecco tutto: e se questo muro cade, la pace è fatta! Ci vogliono atti che aprano le porte alla fiducia ed alla speranza! Noi riportiamo, malgrado le apparenze contrarie, questa precisa impressione dal nostro viaggio e dai nostri colloqui: ‘che la pace è ad un metro’” (da Note di Cultura n. 36, febbraio 1968 – dal viaggio del ’67). L’Opera, raccogliendo e cercando di portare avanti questa eredità, dà la possibilità di farlo anche a noi: partecipare al Campo Internazionale ci chiama ad essere operatori di pace e, soprattutto, ci dà la speranza di poter vedere un po’ meno “rosse” alcune delle macchie sulla cartina del mondo.

Valentina Brocchi

 

La Fondazione La Pira invita tutte le associazioni, tutti i circoli, i gruppi intitolati a Giorgio La Pira ad una giornata di riflessione e di condivisione delle esperienze di ciascuno. Nel segno di San Francesco, vi proponiamo di incontrarci a Firenze nei giorni 4 e 5 ottobre presso l’Aula Magna dell’Istituto Salesiano, via del Ghirlandaio 40. L’incontro vuole essere l’occasione per una  riflessione su un impegno comune e per una condivisione delle esperienze di ciascuno.

Il programma è il seguente:

 

Venerdì 4 ottobre (Festa di San Francesco d’Assisi)

dalle ore 15 – arrivi e registrazione presso la Fondazione La Pira, via La Pira, 5.

Dalle ore 16 – possibilità di visita alla Basilica di San Marco e alla tomba di Giorgio La Pira.

Possibilità di visite (guidate da esperti di Ars et Fides) del complesso monumentale di Santa Croce e del cantiere del restauro della Cappella Maggiore. Possibilità di partecipare (ore 18), nella Basilica, alla solenne celebrazione eucaristica per la festa di San Francesco d’Assisi.

 

Sabato 5 ottobre – Aula Magna dell’Istituto Salesiano, via del Ghirlandaio 40 

dalle  ore 8.30 – registrazione

ore 9.30 – Introduzione, saluti, presentazione

ore 10 – “La spiritualità francescana di Giorgio La Pira”  – M. Badalamenti

ore 11 – “L’azione di La Pira  per la pace (a 50 anni dalla Pacem in Terris)” – B. Bagnato

ore 12,30 – Pranzo

ore 14 – “La Pira, oggi” – Discussione introdotta da M. Primicerio

ore 17 – Conclusioni

 

Il pranzo del 5 ottobre sarà offerto a tutti i partecipanti, all’interno dello stesso complesso. La Fondazione può offrire a quanti lo richiedono l’ospitalità per la notte tra il 4 e il 5 ottobre. Si tratterà di una ospitalità di tipo “francescano”; a coloro che desiderano un maggior comfort potranno essere fornite informazioni su alberghi in zona. Tutti i circoli, gruppi ecc. sono pregati di far pervenire in anticipo una breve descrizione della propria attività (non più di una cartella, indicativamente; se possibile in formato “Word”). Le informazioni saranno raccolte, riprodotte e distribuite tra i partecipanti.

Coloro che arriveranno il 4 (prima delle ore 19.30) sono pregati di registrarsi presso la sede della Fondazione (via G. La Pira, 5).

Coloro che hanno chiesto la nostra ospitalità (soprattutto per chi arriva  da fuori Regione, comunicandolo prima) saranno alloggiati presso l’Istituto Salesiano, via del Ghirlandaio 40.

Naturalmente l’incontro è aperto anche a tutti gli interessati, anche non facenti parte di un’associazione o un gruppo intitolato a La Pira. Vi preghiamo di farci sapere se intendete partecipare e, in tal caso, quanti di voi saranno presenti. Potete rispondere attraverso tutti i canali, compreso ovviamente l’indirizzo e-mail fondazionelapira@gmail.com.

L’associazione culturale Toscana 2013, in collaborazione con il Comune e il Quartiere 4 di Firenze, presenta il premio letterario e artistico in memoria di Giorgio La Pira “Come rondini verso la primavera”. Nato come invito alle giovani generazioni a volgere un istante lo sguardo alla città di Firenze e al futuro attraverso gli occhiali del Professore, il premio ha lo scopo di conoscere e diffondere l’idea e la visione di bellezza, diritto e speranza degli studenti fiorentini e non solo.

 

Il concorso si articola in quattro diverse sezioni:

Sezione A

“La mia dolce, misurata e armoniosa Firenze, tesoro di grazia, bellezza e speranza”: così Giorgio La Pira si riferiva alla nostra città; e tu come la vedi? Disegna il tuo “castello dai mille merletti”, colora la Firenze che la tua mente, il tuo cuore e la tua fantasia ti suggeriscono! Sulla traccia degli elaborati dei bambini della scuola dell’infanzia e della scuola primaria, si darà vita nuova alla facciata dell’Oratorio Giorgio La Pira – Sala Teatro La Fiaba all’Isolotto (Fi).

Sezione B

Per Giorgio La Pira bisogna fare “astronavi invece che missili”, seguire la strada della fioritura della terra e della civiltà, della conversione delle spese per gli armamenti in investimenti per l’occupazione e la cultura! Rifletti sull’attualità di questo messaggio oggi (attraverso un saggio o un racconto di fantasia in tema). Per i ragazzi della scuola secondaria inferiore.

Sezione C

Il contributo di Giorgio La Pira è stato determinante nell’elaborazione degli articoli 2 e 3 della Costituzione, che sanciscono la salvaguardia della dignità della persona. Secondo te i diritti umani esistono a prescindere dallo Stato? Fai degli esempi pratici per spiegare che cosa significa avere dei “diritti inviolabili”. Per gli studenti della scuola secondaria superiore.

Sezione D

“Le generazioni nuove sono come gli uccelli migratori, come le rondini: sentono il tempo, sentono la stagione: quando viene la primavera essi si muovono ordinatamente, sospinti da un invincibile istinto vitale – che indica loro la rotta e i porti! – verso la terra ove la primavera è in fiore!”. Questa è una felice espressione di speranza di Giorgio La Pira. E la tua idea di speranza qual è? Rispondi con una fotografia corredata di titolo.

 

Regolamento

Art.1 – Si partecipa con foto, disegni e/o elaborati inediti in lingua italiana (il titolo della fotografia può essere anche in un’altra lingua). Le opere possono essere anche frutto di una collaborazione collettiva e le fotografie possono essere anche elaborate digitalmente.

Art. 2 – Per la partecipazione è richiesto l’invio di: un disegno in formato A3 per la sezione A; un elaborato in forma di racconto o saggio per le sezioni B e C; la realizzazione di una fotografia con titolo per la sezione D.

Art. 3 – Le fotografie e gli elaborati scritti dovranno essere inviati via e-mail all’indirizzo info@premiolapira.it. I componimenti possono essere al massimo di 25000 caratteri (spazi inclusi) e in formato a scelta tra .odt, .doc, .docx o Pdf. Le fotografie devono essere al massimo di 6 MB complessivi e vanno inviate in formato .zip o .rar; possono essere anche elaborate digitalmente. Gli originali dei disegni dovranno essere scannerizzati e inviati a info@premiolapira.it o consegnati alla redazione di Toscana Oggi, via de’ Pucci, 2, 50122 Firenze entro e non oltre il 30/10/2015. Allegare per ogni sezione la scheda d’iscrizione regolarmente compilata.

Art. 4 – Sono previsti fino a due vincitori per ogni sezione. I finalisti avranno come premio: per la sezione A, la decorazione della facciata dell’Oratorio lapiriano all’Isolotto con un murale eseguito sull’impronta del disegno originale ingrandito; per le sezioni B/C/D, la pubblicazione dell’opera in un’antologia in formato elettronico (eBook).

Ai più meritevoli tra tutti i partecipanti, a giudizio insindacabile dei giurati, saranno assegnati tre libretti al risparmio (o carte prepagate) della Banca di Cambiano del valore di 250 euro ciascuno.

Tutti i vincitori e coloro che avranno ottenuto eventuali menzioni di merito riceveranno una targa e una pergamena personalizzata attestante l’avvenuta premiazione.

Agli istituti scolastici dei vincitori verrà altresì conferita una targa attestante l’avvenuta premiazione. L’elenco dei vincitori verrà pubblicato sulla pagina Facebook del concorso on.fb.me/1ClA6Mp.

La premiazione avverrà il 6 novembre 2015 presso l’Oratorio Giorgio La Pira – Sala Teatro La Fiaba, viale dei Bambini, Firenze. Gli autori premiati saranno preventivamente avvisati tramite e- mail; sono invitati a ritirare personalmente o tramite delega i premi assegnati.

Art. 6 – Le commissioni di giuria sono composte da: Elda Padalino, Nicholas Bawtree, Riccardo Bigi e Sabrina Burrelli Scotti per le sezioni B, C; Mirko Dormentoni, Francesco D’Isa, Maria Siponta De Salvia e Flavio Coppola per le sezioni A e D.

Art. 7 – Non sono ammesse al concorso le opere che si sono classificate finaliste in altri premi letterari.

Art. 8 – I partecipanti al concorso, rinunciando a qualsiasi compenso o diritto di autore, concedono il libero utilizzo dei loro elaborati da parte dell’associazione Toscana 2013 che si riserva il diritto di diffondere i lavori dei concorrenti, divulgandone e pubblicandone in tutto o in parte il contenuto anche in rete.

Art. 9 – Tutto il materiale inviato per il concorso non verrà restituito se non su precisa richiesta dell’autore (da effettuare entro il 30/10/2015).

In base ad eventuali necessità o a causa di forza maggiore le norme e i contenuti del presente regolamento potranno subire variazioni. Per richiedere il regolamento aggiornato, la scheda d’iscrizione o quant’altro, contattare: info@premiolapira.it.

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Giorgio La Pira (1904-1977)

[liberamente tratto da Giorgio La Pira. I miei pensieri, a cura di Riccardo Bigi]

È stato una delle figure più innovative e autentiche della vita politica, culturale e religiosa del secolo scorso. A renderlo indimenticabile fu anche il suo caratteristico stile di vita sobrio, quasi ascetico, unito a una carica di dirompente e vitale simpatia. E se in vita ricevette critiche feroci per le sue idee originali e coraggiose iniziative, col passare degli anni la sua grandezza è stata riconosciuta sempre da più parti: il suo modo di vivere la politica come servizio al bene comune, lontano anni luce da qualsiasi ambizione di potere o di ricchezza, è un esempio oggi più che mai necessario. Nato in Sicilia, si è laureato a Firenze, ove ben presto vinse la cattedra in Diritto Romano.

La sua opposizione al fascismo lo costrinse a lasciare la città e trovare rifugio in Vaticano. Nel 1946 fu eletto alla Assemblea Costituente; contribuì a redigere gli articoli che esprimono i diritti fondamentali della Costituzione. Fu sindaco di Firenze dal 1951 al 1964, e si distinse per la difesa attiva dei diritti dei più deboli. Contribuì all’ampliamento sostanziale dei quartieri dell’Isolotto e di Sorgane, alla ricostruzione dei ponti distrutti dai nazisti, alla costruzione di strade e scuole. Sotto la sua amministrazione vennero realizzati la Centrale del latte, il Mercato ortofrutticolo, la rete delle farmacie comunali.

Fecero scalpore la requisizione delle case sfitte per ospitare i senza tetto, l’appoggio agli operai della Pignone che avevano occupato la fabbrica in difesa del posto di lavoro. L’impegno per il dialogo internazionale, la decolonizzazione, la pace in Medio Oriente, per la pace e il dialogo tra le città e i popoli, caratterizzò il suo operato anche dopo la sua carica di sindaco. Si ricorda l’importante viaggio per la pace in Vietnam. Fu eletto l’ultima volta al Parlamento nel 1975; morì a Firenze nel 1977.

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La giuria

Elda Padalino è nata ad Ascoli Piceno. Laureata in Lettere, ha insegnato tale materia nelle scuole secondarie di primo e secondo grado, prevalentemente nel Quartiere 4 di Firenze. Dai primi anni Ottanta si è occupata di didattica ed educazione linguistica ed è stata aggiornatrice di insegnanti. È autrice di diverse pubblicazioni che rendono conto delle sue esperienze didattiche. Dal 2004 al 2009 è stata segretaria del Giscel Toscana (Gruppo di intervento e studio nel campo dell’educazione linguistica), distintosi nella provincia di Firenze per numerose iniziative. Si è impegnata concretamente nella lotta contro la dispersione scolastica. Nel 2008 ha curato, con P. Lucarini, F. Quercioli e A. Panichi, il volume Isolotto, la scuola e il quartiere, pubblicato dal Comune di Firenze nello stesso anno.

Nicholas Bawtree è nato in Toscana in uno dei primi agriturismi italiani, Rendola Riding, dove all’età di dieci anni ha iniziato un periodico per gli ospiti, Il Folio di Rendola, portandolo avanti per vent’anni. Laureato in Sociologia e Scienze dell’educazione, passando tra periodici locali e nazionali, nel 2006 ha iniziato a lavorare con il mensile Terra Nuova, del quale attualmente è caporedattore. Da sempre appassionato nel creare nuovi spazi di libera espressione, è stato l’ideatore del format Teatro di Paglia, diffuso in Italia e all’estero, e del libretto di Assegni dell’Anima.

Francesco D’Isa è nato a Firenze. Laureato in Filosofia, insegna programmi di elaborazione grafica. Si è avvicinato come autodidatta all’arte visiva. Dopo l’esordio con disegni e racconti sulle pagine della rivista d’arte e letteratura Mostro, di cui è stato redattore e co-fondatore, le sue opere vengono pubblicate in libri e riviste in Italia ed all’estero, come Expose III, Ballistic Publishing (Stati Uniti), Pixel surgeons: extreme manipulation of the figure in photography, Mitchell Beazley Art & Design, Octopus ed. (Regno Unito), Black magic, White Noise ed., Illusive 3, Die Gestalten ed. (Germania), Design 360°, Sandu culture ed. (Cina). Dal 2001 ad oggi le sue opere d’arte visiva hanno vinto vari premi in Italia ed all’estero e sono state esposte in Europa, Usa, Giappone, Russia e Sud America. Dal 2010 affianca all’attività artistica quella di scrittore e giornalista, collaborando ai quotidiani online Il Post, Orwell (Pubblico giornale), RT Books Review (Usa) e La Repubblica. Dirige la rivista L’Indiscreto. Nel 2011 il suo romanzo illustrato, I., viene pubblicato dalla casa editrice Nottetempo (Roma, Italia), mentre nel 2013 escono alcuni suoi racconti in antologie di narrativa, come Selezione Naturale (Effequ) e Toscani Maledetti (Piano B Edizioni). Nel 2014 è uscito il suo primo romanzo, Anna – storia di un palindromo (Effequ) e nel 2015 con Imprimatur Ultimo piano (o porno totale).

Maria Siponta De Salvia è nata in Puglia, ma è fiorentina d’adozione. Laureata in Storia dell’arte, è giornalista pubblicista. Già docente dell’Università Internazionale dell’Arte, ha pubblicato numerosi studi sulla connessione tra cultura e comunicazione. È responsabile della Comunicazione e dell’Ufficio stampa della Banca di Cambiano di Firenze.

Mirko Dormentoni, è nato a Perugia. È attualmente presidente del Consiglio di Quartiere 4 del Comune di Firenze. È stato dal 2009 al 2014 consigliere e presidente della Commissione urbanistica del consiglio comunale, e consigliere di quartiere dal 1999 al 2009. Laureato in Scienze politiche, funzionario della Città metropolitana in aspettativa, da vent’anni è impegnato socialmente e politicamente sul territorio fiorentino.

Riccardo Bigi è nato a Firenze. Dal 1998 è un giornalista professionista; lavora nella redazione del settimanale Toscana Oggi, collabora con Avvenire e Tv2000. Nel 2004 ha curato l’ufficio stampa per le celebrazioni nazionali del centenario della nascita di Giorgio La Pira e ha pubblicato la biografia Il sindaco santo (Edizioni San Paolo). Per la Società editrice fiorentina ha curato la raccolta Giorgio La Pira. I miei pensieri (2008). Ha organizzato e curato la messa in scena da parte di Alessandro Benvenuti di una raccolta di testi di Giorgio La Pira alla Badia Fiorentina, nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio e in diversi teatri italiani. Ha lavorato anche su altre figure come Santa Maria Maddalena de’ Pazzi, con una lettura di testi interpretata da Claudia Koll nel duomo di Firenze, don Carlo Gnocchi, con uno spettacolo messo in scena dall’Accademia Teatrale Fiorentina al Teatro Verdi di Firenze, e don Giulio Facibeni, con una lettura di testi realizzata nella chiesa di Santo Stefano al Ponte nell’ambito della rassegna Il Genio fiorentino.

Sabrina Burrelli Scotti è nata a Trieste. Si è formata a Firenze, dove già a quindici anni ha contribuito ad organizzare Dead man walking, il suo primo concorso letterario; oggi è responsabile della progettazione del premio letterario e artistico Come rondini verso la primavera. Laureata in Filosofia, si è specializzata come counselor e successivamente come tecnico della progettazione del prodotto editoriale e web marketer. È web editor presso comunicaCore, ha collaborato con case editrici come Terra Nuova Edizioni, ed è stata traduttrice e direttrice alle sottotitolazioni del Korea Film Festival. Insegna italiano agli stranieri presso diverse realtà (tra cui l’associazione Progetto Arcobaleno).

Flavio Coppola è nato a Puerto Cabello (Venezuela). Laureato all’Accademia di Belle Arti, ha realizzato diverse esposizioni a Viterbo, Borgo San Lorenzo, Firenze, Roma, e in diverse città della Germania. Dal 1990 si dedica all’arte madonnara, ha partecipato a diversi festival di arte di strada come Mercantia dal 1998 al 2005, Antica fiera delle grazie dal 1990 al 2001 e dal 2009 al 2014, Pflasterspektakel di Linz (Austria) nel 2007, The colours of Valkenburg (Olanda) nel 2008, Sarasota chalk festival (Usa) nel 2011. Nel 2006 ha fondato Spa (Società per azioni artistiche), una società che realizza performance ed eventi. Ha partecipato a varie edizioni de La Libera Repubblica delle Arti a San Salvi Città Aperta dal 2007 al 2014 con performance ed installazioni su metamorfosi, rinascita, rigenerazione, memorie… ed esoscheletri. Dal 1997 pratica ed insegna Kung fu e Tai chi chuan. Dal 2005 insegna Arte e Immagine nelle scuole secondarie inferiori.

Scheda d’iscrizione (copiare e inviare)

Nome _____________________________________ Cognome _________________________________ Nato/a a _________________________ (Prov ____) il ___/___/______

Residente a _______________________ (Prov ___) CAP ________ Via __________________________

Telefono __________________________________ E-mail ____________________________________

Nome e indirizzo della scuola di appartenenza (in caso di studente)

__________________________________________

Dichiara di voler partecipare alla prima edizione del premio letterario e artistico in memoria di Giorgio La Pira – Come rondini verso la primavera organizzato dall’associazione culturale Toscana 2013, per le sezioni sotto indicate, accettando tutte le norme del regolamento del bando. [Barrare la casella interessata]

◻ Sezione A ◻ Sezione B ◻ Sezione C ◻ Sezione D

Dichiara inoltre che le opere presentate sono inedite, originali, svincolate da diritti di terzi e che non sono mai state premiate in altri concorsi letterari; esonera gli organizzatori della manifestazione da ogni responsabilità per eventuali danni o incidenti personali che potrebbero derivargli nel corso della premiazione; autorizza la pubblicazione e divulgazione in tutto o in parte delle proprie opere anche in rete, rinunciando a qualsiasi compenso o diritto di autore, in conformità a quanto previsto dall’art. 8 del regolamento del premio

Data _________ Firma _______________________

In relazione a quanto sancito dalla legge 675 del 31/12/96 e agli art. 7, 13 e 23 del D.L. 196/03 [Codice in materia di protezione dei dati personali] autorizza il trattamento dei suoi dati personali per le finalità indicate nel regolamento del premio.

Data _________ Firma _______________________

[Le firme devono essere di un genitore in caso di età inferiore ai 18 anni]

 

Non si dica quella solita frase poco seria: la politica è una cosa “brutta”! No: l’impegno politico – cioè l’impegno diretto alla costruzione cristianamente ispirata della società in tutti i suoi ordinamenti […] – è un impegno di umanità e di santità!

G. La Pira – La nostra vocazione sociale

Gli avvenimenti politici degli ultimi anni e la situazione etico-sociale attuale sembrano invitarci a stare lontano dalla partecipazione attiva alla vita politica e ad estraniarci dalla qualità della democrazia. Noi invece affermiamo il rifiuto dell’ “antipolitica” e ci sentiamo invitati piuttosto ad una riflessione più profonda fino ad interrogarci sul significato stesso della politica, a domandarci se la crisi che stiamo attraversando è solo conseguenza di una congiuntura economica e quindi sociale, o se ha origini più radicate e più lontane. Probabilmente infatti abbiamo perso di vista il senso principale di quello che spinge l’uomo a dedicarsi alla Cosa Pubblica. In quanto cristiani inoltre siamo chiamati ad un impegno forte e costante, inteso come forma più alta di carità, e ad un profondo esercizio di laicità: l’invito ad un amore e ad una giustizia nuova che ci viene proposta nel Vangelo non possono rimanere fini intimistici, ma devono pervadere l’attività pubblica di ogni cristiano che, come delinea il professor La Pira, ponga l’uomo non come mezzo ma come fine dello Stato, il quale è garante dei diritti essenziali della persona e delle comunità che ne fanno parte.
La politica non può che mirare alla realizzazione della persona attraverso il raggiungimento del bene comune, prima vera necessità a cui si ordinano tutte le altre; in questo senso la politica è la categoria cui si ordinano tutte le altre attività umane. “Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio, sortirne da soli è avarizia, sortirne tutti insieme è politica” disse don Milani ad uno dei suoi ragazzi, evidenziando quanto fosse rilevante il bene di tutti per poter parlare effettivamente di politica.
In questi termini risultano fondamentali la formazione, e quelle che per il tedesco Max Weber sono le “tre qualità sommamente decisive per l’uomo politico: passione, senso di responsabilità, lungimiranza” (Max Weber – La politica come professione, 1919): parliamo di virtù proprie della personalità e allo stesso tempo di un percorso – di studi e soprattutto di vita – che fornisca le fondamenta necessarie per affrontare gli ostacoli che gli si porranno davanti mantenendo l’ordine delle priorità. Forse sono proprio gli attributi che oggi non riscontriamo in molte delle personalità del nostro panorama istituzionale, spesso dediti al culto dell’immagine, alla promozione di una ininterrotta campagna elettorale e alla ricerca di soluzioni attraverso slogan e tweet, con cui pretendono di sostituire quel dialogo che è la prima fonte di una formazione nata dal confronto.
Il problema appare prima di tutto culturale: negli ultimi decenni la questione educativa e formativa non è stata sentita come una necessità impellente, una conditio sine qua non dell’agire. Assistiamo sempre più spesso a scelte che – più che di un attento studio e programmazione – sono figlie di un dilagante spontaneismo, senza nessun sicuro fondamento. Questo si riflette poi nell’esigenza, ormai non più avvertita, di una formazione specifica a quelle che sono le categorie proprie dell’impegno politico: riconoscere le reali necessità delle persone, immaginare le possibili soluzioni e padroneggiare gli strumenti per cercare di raggiungerle. Mentre nei decenni passati i grandi partiti di massa ponevano un’attenzione particolare alla formazione delle future classi dirigenti, negli ultimi anni questo aspetto centrale è andato perso, a favore di logiche di mero consenso al leader di turno. Il momento storico in cui si interrompe la formazione infatti porta con sé il declino della  politica, con il conseguente blocco del ricambio generazionale.
Non si tratta e non può trattarsi di un nostalgico ricordo dei bei tempi che furono (e nonostante tutte le riserve sul concreto sviluppo del sistema dei partiti), o il rimpianto di alcune grandi personalità della nostra scena socio-politica della seconda metà del Novecento. Questi grandi maestri, da De Gasperi a Dossetti, da Lelio Basso a Calamandrei, sicuramente sono stati molto importanti e sono ancora esempi validi di condotta politica. Ma non basta, occorre – nella costanza dei principi – trovare nuovi paradigmi e strumenti per affrontare questo nostro tempo così diverso dal passato e così complesso: ce lo ricorda lo stesso Maritain che “ogni tempo ha il suo ideale storico”, e un ideale storico vissuto nel passato non è più riproponibile nel futuro. Dobbiamo nutrirci del passato, essere discepoli dei nostri padri e porre buone radici in esso, ma solo al fine di essere in grado di discernere e immaginare soluzioni future ed essere nuovi apostoli. Apostolo infatti è l’inviato, colui che è proiettato verso l’avvenire ed opera con un orizzonte temporale molto ampio. Così anche l’uomo politico necessita di lungimiranza, discernimento e spirito di servizio nei confronti della collettività per cui opera, qualità determinanti per poter agire e agire bene.
Torna ancora in primo piano la formazione, il metodo educativo che permette di riscoprire questi valori anche in un momento di difficoltà come quello che stiamo affrontando oggi. Tutto infatti riparte dall’uomo, riparte da quei principi primi che hanno spinto gli individui a costituirsi società civile, a mettersi in relazione. Proprio nella relazione infatti l’uomo si fa comunità e tende ad uscire dall’escludente chiusura del singolo e dei suoi interessi, per la quale si tenderebbe ad una “anarchia dell’individualismo” (Emmanuel Mounier – Il Personalismo): la relazione e l’apertura verso l’altro da sé portano infatti l’uomo – sempre considerato nella sua irripetibile singolarità e nella sua essenza di persona – verso una dimensione di pluralità e reciproco servizio che va a costituire il fondamento stesso della società. Si viene a delineare quello che Mounier definiva “personalismo comunitario”, che egli stesso diceva implicare “una società che assicura a ogni persona, realmente e non per delega collettiva, il suo posto di autonomia e di responsabilità attiva nell’organismo collettivo, e che non rifiuta ad alcuno, anche se dissente sul sistema in atto, i diritti elementari della persona. La democrazia – continua il filosofo francese – coerentemente con il significato della parola, non è il regime anonimo del numero, o anche la sanzione dell’unanimità, ma il regno della responsabilità vivente, nel diritto vivente. Se l’io è avvolto dal noi fin dall’origine, bisogna ricostruire da cima a fondo le relazioni umane” (Il Personalismo – Emmanuel Mounier).
Ma cos’è e qual è il fine per cui è necessaria la formazione? Il rischio da sempre avvertito e sperimentato, oggi più di ieri, è quello di creare automi che ripetano parole d’ordine. Invece la formazione – nel senso più alto e bello del termine – deve mirare proprio al contrario: deve essere un vero e proprio esercizio di libertà; solo così si può fare politica, a tutti i livelli. Ce lo ha ricordato di recente lo stesso papa Francesco: “Anzitutto: siate persone libere! Che cosa voglio dire? Forse si pensa che libertà sia fare tutto ciò che si vuole; oppure avventurarsi in esperienze-limite per provare l’ebbrezza e vincere la noia. Questa non è libertà. Libertà vuol dire saper riflettere su quello che facciamo, saper valutare ciò che è bene e ciò che è male, quelli che sono i comportamenti che fanno crescere, vuol dire scegliere sempre il bene. Noi siamo liberi per il bene. E in questo non abbiate paura di andare controcorrente, anche se non è facile! […] Coinvolgersi nella politica è un obbligo per un cristiano. Noi cristiani non possiamo «giocare da Pilato», lavarci le mani: non possiamo. Dobbiamo coinvolgerci nella politica, perché la politica è una delle forme più alte della carità, perché cerca il bene comune. E i laici cristiani devono lavorare in politica. […] Lavorare per il bene comune, è un dovere di un cristiano! E tante volte la strada per lavorare è la politica” (dal discorso del Santo Padre Francesco agli studenti delle scuole gesuite – venerdì 7 giugno 2013).
Da persone formate alla libertà vera sentiamo il dovere, la responsabilità, di partecipare in modo politico alla vita della comunità, una comunità che è sempre più diversa e variegata! All’agire politico come forma di carità non sono chiamati solo i cristiani, ma tutti gli uomini di buona volontà, tutti coloro che vogliono – nel rispetto della reciproca libertà – trovare soluzioni comuni per dare risposta alle necessità di tutti. La politica infatti non guarda al bene del singolo, ma nemmeno a quello di una piccola comunità omogenea (cristiani e musulmani, omosessuali ed eterosessuali, italiani ed extracomunitari etc.), ma di tutti: di tutti nelle loro differenze e dunque nelle loro differenti esigenze e aspirazioni, alla ricerca di un compromesso comune che tuteli tutte le parti in causa e mantenga intatto il valore e la dignità della persona umana. Questo “compromesso” (se così vogliamo chiamarlo) non deve essere inteso come mercificazione o svendita dei propri valori, ma è un vero e proprio dono reciproco con il fratello, soprattutto con quello che sentiamo più diverso e distante (“Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso” Lc 6, 32). Torna così ad essere l’uomo il fine della politica. Il cristiano è chiamato all’impegno nella società per ristabilire l’ordine delle priorità secondo il valore della persona, ponendola al centro della scena sociale, per perseguire – in assoluta libertà di coscienza – il bene comune alla luce degli insegnamenti di Cristo.
Al di là delle divisioni di partito e di posizioni ideologiche, il messaggio del Vangelo va a costituire il sostrato della formazione e dell’educazione comune che si pone come unici scopi la giustizia e la libertà, i quali portano in primo piano il valore sociale della Parola. Soltanto così la fede, andando oltre alla dimensione interiore dedita alla contemplazione metafisica, “rinunciando alla tentazione del Tabor” (G. La Pira – La nostra vocazione sociale), può inserirsi efficacemente nella realtà terrena e renderla feconda (“voi siete il sale della terra” Mt 5,13): questo può ritenersi il compito primo del laico, “impegno di umanità e santità” attraverso cui questi tende a vivere la politica, con le parole di Paolo VI, come “la più alta forma di carità”. In questi termini l’impegno si rende addirittura necessario: “Come si può essere consapevoli della propria vocazione cristiana che associa, in Cristo, ciascuno con tutti, e non sentire i problemi sociali in funzione di questa solidarietà fraterna? Posso dire di essere cosciente della mia inserzione nel Corpo mistico di Cristo e non sentire poi la necessità di operare perché la cristianità si costruisca secondo una struttura sociale nella quale la fraternità umana si concreti in istituzioni economiche, giuridiche, politiche e culturali storicamente adeguate?” (G. La Pira – Premesse della politica). Le parole del Professore ci chiamano a gran voce, ci convocano ad operare al fine di uscire dallo “sbandamento” in cui ci troviamo e ci invitano a ripartire dalla centralità della persona e dalle relazioni che costruiscono la comunità, a tornare a costruire sulla roccia, per formarci nei nostri compiti e porre lo sguardo più lontano possibile.
Editoriale di “Prospettive”
a cura dell’Opera per la Gioventù “Giorgio La Pira” di Firenze

Convegno di Studio

L’attualità di Giorgio La Pira

uomo, politico e cristiano

13 Aprile 2012 – ore 15

Basilica di San Gennaro extra Moenia

(interno Ospedale San Gennaro – via San Gennaro dei Poveri n. 25, Napoli)

PROGRAMMA

 

 

Rione Santità, memoria e profezia

Don Antonio Loffredo

Parroco del Rione Sanità (Napoli)

 

Giorgio La Pira, una testimonianza autentica di vita cristiana

Prof. Ulderico Parente

Storico, autore della “positio” per la causa di beatificazione di La Pira

 

La Pira, il politico

On. David Maria Sassoli

Europarlamentare

 

La Pira, il costruttore di pace

Prof. Pasquale Colella

Direttore de “Il Tetto”, collaboratore di La Pira dal 1951

 

Le problematiche economiche ieri e oggi: la vocazione di un “santo”

Prof. Marco Vitale

Economista d’impresa di ispirazione cristiana, scrittore, opinionista

Dott. Carlo Borgomeo

Economista, Presidente della Fondazione con il Sud

 

Il valore delle città

Prof. Mario Primicerio

Presidente della Fondazione Giorgio La Pira, già sindaco di Firenze e allievo di La Pira

Conclusioni

Dott. Luigi De Magistris

Sindaco di Napoli

S.E. Crescenzio Sepe

Arcivescovo della Diocesi di Napoli

Conduce il convegno il Prof. Marco Vitale

Dibattito

GOVERNO TECNICO, PARTITI E SOCIETÀ CIVILE

Giovedì 29 marzo 2012 ore 17

spazio QCR via Alfani 101 rosso

Politica e società: Sen. Vannino Chiti Vice presidente del Senato

Fondazione La Pira: Prof. Mario Primicerio

Fondazione Circolo Rosselli: Prof. Valdo Spini

 Modera: Marzio Fatucchi Il Corriere Fiorentino

Spazio QCR tel. 055-2658192 info@rosselli.org www.rosselli.org

 

Centro di Ateneo per l’Apprendimento Permanente

Comune di Caserta

Assessorato Cultura e Istruzione

    La piazza del sapere

  Incontri seminariali monotematici

 

  Educare alla cittadinanza democratica

    Ciclo di incontri dedicato ai Maestri dell’apprendimento permanente

  Caserta, martedì 6 marzo 2012  ore 17.30

            Sala della Libreria “la Feltrinelli”, Corso Trieste 154

    Settimo incontro

    Giorgio La Pira

 

Introduce     Gianmaria Piccinelli – Preside Facoltà J. Monnet, SUN

Coordina     Carlo De Michele    –    Carta 48

Saluti     Rosa D’Andrea      –     Pax Christi

Felicita De Negri    –    Assessore Comune di Caserta

  • Promosso da Aislo – Auser caserta – Carta 48 – Pax Christi –  La Feltrinelli
  • Con il patrocinio di:

Seconda Università di Napoli – Centro per l’Apprendimento Permanente

Comune di Caserta – Assessore Cultura e Istruzione

  • Con il contributo e sostegno del GIT e Forum Area Sud Banca Etica

Nel quadro delle celebrazioni per il 150° Anniversario dell’Unità d’Italia, la Fondazione La Pira ha organizzato un Convegno dal titolo “L’Unità d’Italia e le Città: il messaggio di Giorgio La Pira”.

Il Convegno si è svolto a Firenze in Palazzo Vecchio (7 dicembre 2010) ed ha avuto relatori e testimoni di altissimo livello.