Spes contra Spem 2015: intervento di Rocco Pagliaminuto
La formazione politica dei giovani
di Rocco Pagliaminuto
L’intervento da me previsto sarà molto breve e riguarda la tematica della formazione dei giovani in La Pira. Tematica peraltro esaurientemente trattata da Gabriele Pecchioli, in particolare l’aspetto che ha riguardato l’associazione Opera, di Pino Arpioni che ha avuto un notevole impatto sulla formazione dei giovani che in quel periodo lo hanno seguito. Quello che mi ha colpito, studiando l’attività di questa associazione, è stata l’esperienza del campo scuola, esperienza di formazione definita integrale con un percorso di riflessione, studio, preghiera e attività sportive, ricreative e e culturali. Sono stato sempre convinto che una vera educazione si possa dare solo attraverso un’attività ricreativa e ludica così come Arpioni ha messo in atto, lo dico con cognizione di causa essendo da anni impegnato in esperienze di scuola calcio che mi permettono di mettere in pratica progetti di carattere altamente educativo convenzionati con le scuole, non da ultimo quello che sta per essere redatto, ossia educare alla legalità attraverso il calcio.
Ma la formazione dei giovani, come ha brillantemente sottolineato Gabriele Pecchioli, deve essere intesa anche come formazione politica per il servizio al bene comune. Quello della formazione politica dei giovani era un argomento caro a Giorgio la Pira quando nella “La nostra vocazione sociale” diceva: “Non si dica quella solita frase poco seria: la politica è una cosa “brutta”! No: l’impegno politico – cioè l’impegno diretto alla costruzione cristianamente ispirata della società in tutti i suoi ordinamenti […] – è un impegno di umanità e di santità!”.
E’ bellissima questa espressione, da brividi, purtroppo gli avvenimenti politici degli ultimi anni e la situazione etico-sociale attuale sembrano invitarci a stare lontano dalla partecipazione attiva alla vita politica e ad estraniarci dalla qualità della democrazia. Seguendo l’esempio di Giorgio La Pira si deve affermare il rifiuto dell’ “antipolitica” e siamo invitati, piuttosto, ad una riflessione più profonda fino ad interrogarci sul significato stesso della politica, a domandarci se la crisi che stiamo attraversando è solo conseguenza di una congiuntura economica e quindi sociale, o se ha origini più radicate e più lontane. Probabilmente infatti abbiamo perso di vista il senso principale di quello che spinge l’uomo a dedicarsi alla Cosa Pubblica, attraverso il raggiungimento del bene comune, prima vera necessità a cui si ordinano tutte le altre; in questo senso la politica è la categoria cui si ordinano tutte le altre attività umane.
Giorgio La Pira definisce la politica come “la più grande delle attività terrene perché è l’organizzazione del mondo e l’orientamento di tutta la vita terrena: superiore ad essa c’è solo la contemplazione, quella vera”.
I criteri ispiratori dell’azione politica di un credente non possono che essere lo spirito di servizio e la volontà di perseguire il bene comune, tutto ciò nel totale rispetto dei diritti della persona, nella ricerca della giustizia, nel costante sforzo di rendere compiuta, giorno per giorno, la democrazia. La politica, perciò, come “alta forma di carità”, secondo le parole di Paolo VI.
“Non è consentita al cristiano nessuna neutralità – aveva scritto già nel ’39 in Princìpi – Se c’è un male, egli deve intervenire per porre riparo, per quanto è possibile, agli effetti dannosi del male. Perché altrimenti che senso avrebbe il precetto dell’amore? Se scorgo il fratello ferito dai ladroni, io sono tenuto a piegarmi amorevolmente presso di lui: devo intervenire per riparare alle conseguenze dell’odio. Cristo è intervenuto nel dramma doloroso dell’uomo: ed ha pagato questo intervento redentore con il sacrificio della vita.
Coinvolgersi nella politica è un obbligo per un cristiano. “Noi cristiani non possiamo “giocare da Pilato”, lavarci le mani: non possiamo. Dobbiamo coinvolgerci nella politica, perché la politica è una delle forme più alte della carità, perché cerca il bene comune. E i laici cristiani devono lavorare in politica. […] Lavorare per il bene comune, è un dovere di un cristiano! E tante volte la strada per lavorare è la politica (dal discorso del Santo Padre Francesco agli studenti delle scuole gesuite – venerdì 7 giugno 2013)”.
All’agire politico come forma di carità non sono chiamati solo i cristiani, ma tutti gli uomini di buona volontà, tutti coloro che vogliono – nel rispetto della reciproca libertà – trovare soluzioni comuni per dare risposta alle necessità di tutti.
La politica infatti non guarda al bene del singolo, ma nemmeno a quello di una piccola comunità omogenea (cristiani e musulmani, omosessuali ed eterosessuali, italiani ed extracomunitari etc.), ma di tutti: di tutti nelle loro differenze e dunque nelle loro differenti esigenze e aspirazioni, alla ricerca di un compromesso comune che tuteli tutte le parti in causa.
La politica è pensiero e azione. Richiede conoscenze interdisciplinari. L’attore politico deve essere in grado di ricorrere ai metodi e ai saperi di una serie di discipline per meglio organizzare, con spirito di servizio, una società di persone.
Perciò la politica è tributaria della storia, della filosofia, della sociologia, dell’economia, del diritto, della psicologia, delle scienze della comunicazione, della letteratura e di tutte le discipline utili alla comprensione dei fenomeni sui quali la politica è chiamata ad intervenire.
Ecco, dunque, quale vuole essere la mia proposta, che in sostanza è anche quella di Pecchioli quando parla di impegno di tutti, la creazione di una scuola di formazione politica che deve trasmettere ai partecipanti il senso di questa interdisciplinarietà, la quale consente al politico, come al giornalista o allo studioso di politica, di analizzare la realtà e di valutare attentamente le scelte della politica. Un progetto di formazione politica che miri a diffondere “cultura politica” deve prevedere una diffusione ai cittadini interessati e attivi nelle realtà municipali e comunali che non possano dedicare un impegno assiduo nella propria formazione politica. Una proposta che deve coinvolgere soprattutto le associazioni sparse sul territorio con una formazione politica-educativa, cioè una vera e propria scuola di formazione sempre coordinata dalla Fondazione, peraltro la Fondazione anni or sono aveva già provato ad istituire una scuola che diffondesse i valori e il pensiero politico di Giorgio la Pira che non deve essere inteso come un pensiero politico democristiano e prettamente religioso, ma il pensiero del buon vivere civile secondo natura che ha costituito il tema della filosofia di J. J. Rousseau nel contratto sociale. Creare un percorso di formazione che possa fornire elementi di riflessione e conoscenza e permettere ad ognuno di esprimersi liberamente e manifestare le proprie idee, ma soprattutto di realizzare la dignità umana con la eliminazione della disoccupazione ed i bisogni.
Conclusioni.
Si può affermare, senza ombra di dubbio, che uno degli aspetti che caratterizzarono il La Pira politico fu la testimonianza, ovvero un’intensa operosità tesa ad affermare l’autentico amore verso il prossimo. Il suo motto, mutuato dalla lettera di San Paolo ai Romani, era “spes contra spem” e lo ricordavo spesso, soprattutto in quelle circostanze che avrebbero fatto disperare chiunque. I criteri ispiratori dell’azione politica di un credente non possono che essere lo spirito di servizio e la volontà di perseguire il bene comune, tutto ciò nel totale rispetto dei diritti della persona, nella ricerca della giustizia, nel costante sforzo di rendere compiuta, giorno dopo giorno,la democrazia e soprattutto non dimenticando quello che è la frase, forse più bella, che sintetizza la missione di un politico: “Quando Cristo mi giudicherà io so di certo che Egli mi farà questa domanda unica (nella quale tutte le altre sono conglobate): Come hai moltiplicato, a favore dei tuoi fratelli, i talenti privati e pubblici che ti ho affidato? Cosa hai fatto per sradicare dalla società la miseria dei tuoi fratelli e, quindi, la disoccupazione che ne è la causa fondamentale?”.
La scuola “Giorgio La Pira”, tuttavia, non si limita ad un discorso di cultura “alta”. Sono, altresì, valutate le tendenze emergenti, i fatti e le situazioni di maggior rilievo nel nostro tempo, per maturare orientamenti di pensiero e d’azione, alimentando una cultura della responsabilità e della sussidiarietà, rispettando la legittima autonomia delle realtà terrene. Questo tipo di formazione tende a generare competenze e professionalità tali da poter addivenire ad una “mediazione culturale” tra fede e realtà temporale. La scuola pur restando indipendente dai partiti politici non è ideologicamente neutra. Infatti, sebbene nella massima autonomia, incoraggia a realizzare le necessarie mediazioni storiche per dar vita ad una “area politica” cristianamente orientata, laica e aconfessionale, aperta alla partecipazione e al contributo fattivo di tutti gli uomini di buona volontà. Convinta di interpretare l’aspirazione di larghi strati sociali, i quali attendono un punto di coagulo per uscire dallo smarrimento in cui li ha avvolti un bipolarismo astratto, conflittuale e avulso dalla realtà effettiva, richiama l’attenzione su una modalità storica all’interno della democrazia ove conta la quantità oltre alla qualità: l’unità dei cattolici in politica. Per aver peso, infatti, occorre essere in tanti. Al di là delle piccole differenze c’è un percorso di fondo uguale. I cattolici per “generare una storia”, per essere edificanti per la nostra società, devono stare insieme. La diaspora, caldeggiata dagli avversari, dai poteri occulti ed ingenuamente abbracciata da cristiani, espone all’invisibilità ed all’insignificanza.
Grazie e ad maiora