ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI GIORGIO LA PIRA
- SAN MARCO – 5 NOVEMBRE 2016
Liturgia della XXXII domenica del tempo ordinario (C)
Letture: 2 Mac 7, 1-2.9-14; 2 Ts 2, 16-3,5; Lc 20, 27.34-38
«Potete farci morire, ma non si può far morire la resurrezione!». Fu la dichiarazione fatta da un giovane, al tempo della dittatura di Haiti, quando i miliziani volevano impedire ai giovani di parlare liberamente e li minacciavano di tortura e di morte. Questa dichiarazione è simile a quella di questi sette giovani martiri anonimi della prima lettura di questo giorno. Manifestano una convinzione forte, che non esita ad opporsi al re, perché si fonda sulla fede nella fedeltà di Dio e sull’esperienza che il popolo di Israele ne ha fatto nel corso della sua storia. «È preferibile morire per mano degli uomini, quando da Dio si ha la speranza di essere da lui di nuovo risuscitati». «Dopo che saremo morti per le sue leggi, il re del mondo ci risusciterà per una vita eterna». È la stessa fedeltà di cui parla l’apostolo Paolo ai Tessalonicesi: «Il Signore è fedele», e che ribadisce così il salmo che abbiamo cantato «custodiscimi come pupilla degli occhi».
In questo giorno in cui facciamo memoria di Giorgio La Pira e della sua prova di santità, la liturgia domenicale ci mette di fronte al cuore della nostra fede: la resurrezione dei morti, con la potenza della grazia di Dio. Giorgio La Pira era soprattutto un uomo di fede e di preghiera. E questa stessa convinzione lo animava «che non si può far morire la resurrezione», o piuttosto che non si poteva impedire al credente di dare incessantemente una prova concreta di questa forza invincibile della vita, con la grazia di Dio, che tende a trasformare il mondo: «Se Cristo è risorto – e lo è – questo Corpo glorioso risorto investe inevitabilmente l’intiera creazione materiale (noti: materiale) e spirituale, politica e civile del mondo. Questo corpo glorioso agisce appunto come lievito trasformatore, come causa attrattiva e trasformatrice, su tutta la realtà cosmica e storica», scriveva La Pira.
La fede dei martiri di Israele, del salmista e dell’apostolo Paolo, si fonda sull’esperienza della fedeltà di Dio e sulla fiducia inalterabile in questa fedeltà («all’ombra delle tue ali, nascondimi»). «Io, nella tua giustizia, contemplerò il tuo volto, al risveglio, mi sazierò della tua immagine». Ma non si tratta soltanto, nella bibbia, della fedeltà di Dio «per domani». La storia santa racconta come questo Dio – cantato dai profeti quando lasciano prevedere la resurrezione – manifesta la sua fedeltà concretamente nella storia del popolo che ha scelto. La giustizia di Dio stabilisce il popolo nella sua unità, reintegrando la giustizia tra i membri di questo popolo. Prendendo, prioritariamente, la parte di quelli che sono poveri, vittime di ingiustizie, esposti all’ingiustizia a causa della loro vulnerabilità.
Poiché questa fedeltà è la melodia di base della storia santa di Dio con il suo popolo, Giorgio La Pira ha voluto impegnare tutta la sua vita per essere un’interprete di questa melodia. È così, credo, che si può comprendere il suo impegno con i poveri, la sua difesa dei lavoratori, le sue battaglie senza sosta per strutture politiche più giuste, i suoi impegni per la pace nel mondo. «Impegnarsi con Cristo significa impegnarsi per i deboli, per gli oppressi, per i poveri, per coloro, cioè, sui quali grava il peso schiacciante di un “ordine costituito”». La sfida di mettersi al seguito di Gesù Cristo, la sfida della vita con Cristo, è questa determinazione a cercare incessantemente di conformare la propria azione alla fedeltà di Dio per il suo popolo, manifestata dalla vita di Cristo donata perché il mondo abbia la vita. Adeguando la propria azione alla fedeltà di Dio, contemporaneamente si regola la propria preghiera e la propria vita alla fedeltà dell’amore di Dio per ciascuno.
Il vangelo di questo giorno ci mostra che, al tempo di Gesù, la fede nella resurrezione non era condivisa da tutti i gruppi del popolo di Israele. Se i Farisei vi credevano fermamente, i Sadducei non vi credevano per niente. E ciò spiega la loro discussione con Gesù, che vogliono indurre alla contraddizione. «Di chi sarà la donna?», questa donna che, per avere seguito la legge del popolo che consiste nel dare una discendenza ad una famiglia, è stata moglie successivamente dei fratelli di suo marito. Ma Gesù, lo avete notato, non vuole entrare in questa discussione falsa. In compenso, mette la questione in un’altra prospettiva, quella del futuro promesso da Dio. L’umanità prevede il futuro attraverso la successione delle generazioni. Dal punto di vista di Dio, occorre prevedere il futuro come adempimento, misterioso, di una promessa. E questa promessa è quella della comunione di tutti, nella presenza, nella misericordia, nella luce e nell’amore di Dio. Questo adempimento è l’azione della parola di Dio, in altre parole del mistero della vita, della passione e della resurrezione di Cristo che sta lavorando nel cuore dell’umanità. Il tempo presente è il tempo nel quale questo mistero si sta già realizzando.
Questo ci fa comprendere, credo, da dove veniva la forza dell’impegno di Giorgio La Pira in tutte le opere che ha intrapreso. Come se il suo impegno, per lui che era così fortemente radicato nella Parola, fosse un modo di dire a sua volta ciò che l’apostolo Paolo scriveva: «Che la parola del Signore corra e sia glorificata», che la grazia della Parola, la grazia della vita diffusa di Cristo, prosegua la sua opera… E che ciascuno di coloro che vogliono testimoniare la prossimità del regno di Dio e che vogliono partecipare alla cooperazione fattiva di Dio e dell’uomo (come diceva La Pira), osi credere di essere chiamato a impegnare la sua vita e la sua azione perché questa Parola si compia!
Fr. Bruno Cadoré o. p.
Maestro dell’Ordine